Quello del barone Lamberto è un romanzo amatissimo da bambini e adulti, una storia surreale e avvincente, nel cuore dell’Isola di San Giulio.
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Gli ingredienti ci sono proprio tutti: un’isola piccola è un po’ misteriosa, un lago anticamente infestato dai draghi, un borgo affascinante con un monte sacro, uno scrittore capace di far breccia nel cuore di adulti e bambini. Nasce così, dalla commistione di questi elementi e dalla fantasia inesauribile di Gianni Rodari, uno dei libri per ragazzi capace di attirare lettori di ogni generazione. C’era due volte il barone Lamberto è un racconto sempre attuale, sempre godibile, sempre divertente. La sua creativa ironia ci riempie di leggerezza e ci aiuta a gettare uno sguardo letterario sul nostro meraviglioso lago d’Orta.
Fin dal titolo ci troviamo di fronte ad una strana anomalia. La formula introduttiva classica, il “c’era una volta” delle fiabe viene raddoppiato dall’autore che crea così un effetto di curiosità e suspence intorno allo stravagante protagonista. Si tratta del vecchio barone Lamberto, arcigno e ricchissimo (sono sue ben ventiquattro banche svizzere) tormentato da ventiquattro malattie, tutte annotate dal fidato maggiordomo Anselmo, che le registra su un taccuino in ordine alfabetico.
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La grande villa che ospita il barone proprio nel centro della minuscola isola cela anche uno straordinario segreto: nella soffitta della casa, sei fidati collaboratori assunti dal protagonista passano la giornata a ripetere ininterrottamente il suo nome, al fine di allungargli la vita rendendolo immortale. Ma inaspettate avversità minano i progetti del barone che dovrà fare i conti con un avido nipote, interessato ad impadronirsi della sua eredità, e con una gang di ventiquattri banditi, decisi a rapirlo per ottenere un enorme riscatto. L’improvvisa morte del protagonista, determinata dal perfido nipote, sarà incredibilmente risolta con una inverosimile resurrezione, per cui il barone tornerà in vita sotto forma di Lamberto tredicenne.
Questo finale surreale e ironico ci lascia degli spunti di riflessione, delle opportunità di interpretazione. Non dimentichiamo che per Rodari la scrittura è sempre gioco e fantasia, ma anche analisi della realtà, con un pizzico di irriverenza.
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Tra le pagine del racconto anche molti rimandi alla geografia del nostro territorio, un ambiente a cui l’autore, di origine omegnese, era particolarmente legato. Tra le righe incontriamo alcuni luoghi iconici del Cusio, dal Belvedere di Quarna alla torre di Buccione, dal Santuario della Bocciola al Monte Mesma, dall’Alpe Quaggione alla vetta del Mottarone. E naturalmente il Sacro Monte di Orta dove «se scoppia un temporale, si fa presto a rifugiarsi nelle cappelle in cui le statue di terracotta colorata, coperte di polvere e tarlate dalla vecchiaia raccontano silenziosamente la storia di San Francesco».
Ma è soprattutto la Nigoglia a suggerirci una riflessione originale, col suo percorso inconsueto: questo fiume emissario del lago d'Orta, infatti, è l'unico capace di scorrere verso nord, cioè in direzione delle montagne, mentre gli altri corsi d’acqua defluiscono a sud. Allo stesso modo della Nigoglia l’autore sembra invitarci a non seguire percorsi consueti, ma a ragionare sempre con la nostra testa, agendo con spirito indipendente, senza omologarci alla massa.
@edizioniel - Edizioni Einaudi
A tutti gli amanti del lago d’Orta e agli appassionati di letteratura, segnalo anche il Museo Rodari, inaugurato di recente ad Omegna, in un ambiente moderno e interattivo, dove prevale il piacere della scoperta con testi che scendono dagli scaffali e favole che possono essere ascoltate “al telefono” con la possibilità, componendo numeri speciali, di sentirle recitate in diverse lingue.